interazioni tra luoghi, persone e cose
Gli scatti fotografici realizzati in questa spazi sono finalmente questa imprevedibile messa in scena delle circostanze. Incidenti furtivi, accomodamenti senza conseguenze, tracce impreviste, lasciti di un incontro già avvenuto.
Languages si pone aldilà del “meta” e dell’”intra”, dell’”inter” della contaminazione o della post produzione. Non importa se in questi spazi della distrazioni dall’uomo converga la fotografia, la scrittura o il suono. Artisti come Valeria Pierini e il suo ‘Limbo Land’, Luana Rigolli con ‘Linosa’, Giulia Pasqualin e ‘Il Fil. Una ricerca bosniaca’, o Emmanuel Di Tommaso con ‘Undici’ si affacciano alle figure del caso, incorniciano somiglianze nate dall’effimero incontro di forme e colori. Nei variegati campi del desiderio e del caso l’inquadratura circoscrive i terreni delle incertezze.’ (Simone Azzoni)
‘Linosa’, ‘l’isola più isolata d’Italia’ perennemente in attesa di se stessa. È tra il solido e il fluido, emergenze emarginate in una periferia a rischio centrifugo. Qui si drammatizza il carattere privato di questi spazi in un precario equilibrio da bagnasciuga su cui s’arenano decisioni definitive.
Giulia Pasqualin – Il Fil. Una ricerca Bosniaca
‘Il Fil. Una ricerca bosniaca’ è un percorso alla deriva in una Bosnia dimentica della sua meta e della sua origine. Un segno di confine tra l’accettabile e il desolante, un inventario di presenze senza più territori sociali deputati. Accumuli pronti a disfarsi senza disfarsi conservano la memoria di un movimento bruscamente interrotto nel tempo.
Valeria Pierini – Almost
‘Almost’ tocca l’aleatorio, ciò che rimane nella polvere della storia irlandese, l’engramma dell’inafferrabile. Un vento oscilla lo sguardo, non scolpisce ma sposta. Le sue immagini defluiscono come la sabbia in una clessidra.
Emmanuel Di Tommaso – Undici
‘Undici’: penetrazione della materia, ossessivo stare in un crescendo che dilaga nelle sue vibrazioni. Un paesaggio sonoro che si fa onomatopea e una onomatopea che incarna memorie emotive potenti. Un paragrafo polifonico la cui sintassi rotta dalla verità della Storia, martella incessante il gran tumulto di un tempo che pare trascorso invano.